martedì 12 aprile 2011

Cosa devo alla scuola pubblica



Chi segue questo blog sa che il tema della scuola (pubblica) mi è caro: ne ho già scritto in tre occasioni (1, 2, 3) e non voglio ripetermi, quindi, aderendo alla Giornata di Blogging sulla Scuola Italianavorrei soffermarmi su due aspetti più personali.
Il primo è questo. Quando penso alle mie amicizie, alcune fra le più importanti risalgono agli anni universitari (in un ateneo privato che mi ha dato tanto), ma molte le ho strette negli anni precedenti, trascorsi frequentando scuole pubbliche. Il fatto che la scuola fosse pubblica non è secondario, perché proprio il fatto di essere immerso in un ambiente socialmente eterogeneo e, in alcuni anni, ideologicamente assai diverso da quello che avrei frequentato in un habitat protetto e più simile alle mie inclinazioni dell’epoca, mi ha permesso di conoscere ed apprezzare persone con cui ho ancora un dialogo, a distanza di anni. Questo è importante perché, crescendo, la realtà circostante è cambiata, ma soprattutto è mutata la mia percezione di essa e sono molto cambiate le mie opinioni. A posteriori, posso dire che sarei più povero se non avessi fatto le esperienze e gli incontri che ho fatto, in bene o in male, e che forse mi hanno aiutato a cambiare in meglio, o anche solo ad essere capace di cambiare e di capire e accettare le differenze.
Il secondo è che l’ambiente disordinato, che urtava, trascinava e costringeva sempre a prendere una posizione, anche solo quella, apparentemente più passiva, di distanziarsi nettamente da ciò che era la tendenza generale, mi ha aiutato ad acquisire una maggiore consapevolezza di me stesso, delle mie idee, del mio potenziale e dei miei limiti e, fatto ancora più importante, mi ha portato a cercare anche nel “semplice” andare a scuola e studiare, che nella mia famiglia è sempre stato considerato il mio primo e fondamentale dovere, le motivazioni e gli stimoli per fare al meglio quello che mi piaceva meno e a capire perché invece mi appassionasse quello che mi appassionava. Tutto questo sarebbe stato più difficile da ottenere in un ambiente uniforme e ovattato.
Insegnanti molto bravi (e qualche bidello simpatico), che ricordo ancora con piacere, sono stati decisivi in questo percorso, perciò mi risulta particolarmente sgradito sentire oggi chi si riferisce a loro come a numeri da calcolare, oggetti da tagliare. Ci sono molte cose che Si bemolle e io possiamo dare ai nostri figli, dal punto di vista educativo e dell’istruzione, dentro casa. Ridurre la scuola pubblica ad un mosaico senz’anima, una girandola di turni in cui parcheggiare i bambini per una quarantina di ore alla settimana, non può che togliere un prezioso contributo per la loro crescita.

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