lunedì 21 giugno 2010

Il blog e il compleanno di Guccini

Lunedì scorso, il mio cantautore italiano preferito, Francesco Guccini, ha compiuto 70 anni. Le sue bellissime canzoni, negli anni, hanno fatto compagnia a me e ai miei imparaticci di chitarra e mi hanno suggerito tante domande e riflessioni, fra cui questo post “stile” sulla mia esperienza di blogger.

C’è un mondo, nella rete, che non abbisogna più dello spirito del pioniere, ma ha tanti sentieri ancora da battere, tutti da scoprire.
Ci sono persone, dietro a schermi e in case lontane, che ho imparato a conoscere e ad apprezzare senza i pregiudizi del mondo reale, solo grazie allo scambio di idee.
Ci sono amici che ho incontrato davvero, quasi con il timore che la realtà inquinasse il fitto tessuto del dialogo virtuale, e che ho apprezzato ancora di più, e adesso spero di cuore di rivedere.
Perché il blog è parte del reale, perché se credi in quel che scrivi e trovi altre persone così, non ci saranno sorprese, e anzi, ci sono nuovi rapporti che vorrei costruire.
Ci sono scrittori, poeti e giornalisti veri, presunti e immaginari in cui imbattersi.
Ci sono persone che mi ero immaginato di conoscere e che cambiano faccia o vita di colpo, e non capisco dove vogliano andare, e come.
Ci sono le fasi di stanca, la gestazione di nuovi pensieri, progetti, di rinnovati slanci dopo che la traccia della mamma, o del papà, o del lavoro, o di un monocorde sé, non basta più.
C’è chi, per passione o per mestiere, trascinante e spigoloso, prova a spingere un treno vetusto giù dal suo binario, per far spazio a carrozze nuove, e non ha paura ad accettare la sfida di un parere critico di chi tenta altre vie, e anzi magari su quelle diversità costruisce una stazione e un’altra linea.
C’è chi non trova altre risposte ai suoi dubbi e alla prigione dei suoi schemi che il conflitto. E lascia lì senza vergogna la maceria gratuita e amara dell’offesa, ad ostruire il passaggio e la visuale un po’ di tutti.
C’è chi collabora e chi rivaleggia, chi vuol seminare e chi fare vetrina, chi usa il velo sapido dell’ironia autentica e chi la malizia di un veleno irritante e pettegolo.
C’è tutto il mondo nella rete, tutto com’è fuori.

E un’altra volta è notte e suono.
Non so nemmeno io perché motivo, forse perché son vivo
e voglio in questo modo dire ‘sono’.
O forse perché è un modo pure questo per non andare a letto,
o forse perché ancora c’è da bere
e mi riempio il bicchiere. (Canzone di notte n.2)

giovedì 17 giugno 2010

Oltre al danno, la beffa

Alle 9.30 di oggi, i fogli Excel con cui lavoro si erano già chiusi otto volte in meno di 45 minuti. OK, lo ammetto, sono pesanti, ma d’altra parte, i computer dovremo pure farli lavorare, no?
Fatto sta che all’apertura di Excel per la nona volta, ho avuto il privilegio di assistere, cosa mai vista, all’apparizione della finestra pop-up di Microsoft Online Diagnostics (o qualcosa del genere), che, con aria placida, mi faceva sapere di “avere notato che Microsoft Office va frequentemente in crash sul mio PC” e mi suggeriva di investire 15 minuti del mio tempo per rispondere al questionario online per la diagnosi del problema.
Però, cara Microsoft, tu sì che sei perspicace! Office che va in crash sul mio PC! Che cosa ti fa pensare che, dopo aver trattenuto a fatica gli improperi, io abbia voglia di sprecare un solo secondo del mio prezioso tempo per qualcosa che non sia il riavvio più rapido possibile di Excel? Forse nei questionari per valutare la soddisfazione dei clienti è emerso che, oltre ad avere chiusure improvvise dei programmi, con conseguente rischio di perdita del lavoro svolto, l’utente desidera anche essere preso per i fondelli?
Per fortuna, con questa storia, mi sono fatto quattro risate con i miei colleghi increduli, e per fortuna, all’occorrenza, possiamo contare sui nostri baldi tecnici dell’IT. Pensate che noia, riuscire a lavorare senza interruzione…

Disclaimer: Do minore ha avuto la fortuna di mettere le mani su buona parte dei Mac prodotti, a partire dal primo, e ha tutta l’intenzione di continuare a farlo finchè potrà.

martedì 15 giugno 2010

Chi insegna a delinquere?

Il dramma della scuola pubblica si arricchisce di una nuova puntata: la lettera al Ministro dell'Economia di un’insegnante di scuola media siciliana, pubblicata sul Fatto quotidiano.

Oltre al link, ne incollo qui due passi.

[…] lei mi obbliga a violare la legge. Mi piacerebbe incontrarla per dirglielo guardandola negli occhi. Lei sta obbligando la maggioranza dei docenti italiani a violare la legge. È esattamente quello che accade in moltissime scuole italiane. Cosa significa infatti ammassare più alunni di quanti un'aula può contenerne, se non violare la legge? Sono ben tre le norme violate: la normativa antincendio, quella per la sicurezza negli edifici scolastici e quella igienico sanitaria. Molti sanno che lei ha tolto ben 8 miliardi all’istruzione pubblica. “C’erano tanti sprechi e siamo in tempi di crisi, bisogna razionalizzare”, saggia e incontrovertibile affermazione. Così ha giustificato la cosa. Di contro, però, le spese militari ricevono 25 miliardi di euro e leggo in questi giorni di un bonus di 19 mila euro a classe per le scuole private e leggo anche di un aumento di circa 200 euro mensili per i colleghi di religione, buon per loro, non sia mai, ma allora non bloccassero i nostri per i prossimi secoli.


[…] Io non posso adeguarmi. Non per me stessa, che alla fine noi docenti ci abituiamo a tutto, ma per loro. Non posso più tollerare che quei ragazzi siano il bersaglio vero delle nostre scelte. È questa l’illegalità, Egregio ministro. L’illegalità e il non rispetto della legge no. A Palermo no. Non in quel quartiere: la scuola non può tollerarlo perché è l’unico baluardo dello Stato. Porti solo la sua firma questo scempio: io non voglio rendermene complice. E non mi dica che sto facendo politica e un insegnante non può farla. Io ne ho più diritto di lei, che sia chiaro: io formo i cittadini di domani. Non lei. Lei passerà, per fortuna, ma i docenti italiani ci saranno sempre a insegnare cosa voglia dire rispettare le regole, rispettare la legge, cosa significhino parole come “comunità”, come “solidarietà”, come “eguaglianza”, come “fraternità”.



E noi, da che parte vogliamo stare? Da quella di chi “delinque” e si autodenuncia – fossero tutti così, i “criminali”, le intercettazioni si potrebbero tranquillamente abolire e gli editori potrebbero disinteressarsi delle sanzioni, pubblicando le confessioni scritte spontanee di chi commette reati. E si potrebbe destinare il risparmio alla scuola pubblica. E magari, tanto per non sprecare risorse preziose, potremmo anche evitare di installare i body scanner nelle stazioni ferroviarie. Sempre perché, chissà come mai, per certi scopi la spesa è un investimento, per la scuola pubblica è solo un costo da tagliare.

giovedì 10 giugno 2010

Scuola, manovra, menzogne, incoerenze

La manovra finanziaria italiana sarà pesante, anche il nostro concittadino più refrattario ha dovuto arrendersi all’evidenza e ammetterlo. Pochi giorni dopo il sudato annuncio, la Germania, smaniosa di imporre a tutta Eurolandia disciplina fiscale e vaghe fantasie di una politica monetaria meno accomodante e di deflazione controllata, ricorre alla sua potenza per preparare una manovra di portata tale da far impallidire quelle annunciate dagli altri paesi. Così, giusto per far capire chi è più forte e vuole comandare, mentre gli altri dovranno ancora pedalare parecchio per rimettere, casomai, i conti a posto.

A noi Italiani tocca inghiottire il boccone amaro di più tasse (per chi le paga) e meno servizi. A cominciare dal taglio più scandaloso, che è quello degli insegnanti e del personale della scuola pubblica. Scandaloso perché a pagare saranno i nostri figli, che cresceranno più ignoranti dei loro genitori, ma forse più felici, visto che, se tutto va secondo i piani, saranno talmente istupiditi da non rendersene neanche conto. Ma scandaloso anche perché dietro a questi tagli si nasconde la colossale menzogna della mancanza di fondi. L’Italia, infatti, e la ricca Lombardia in questo si è proposta come modello nazionale, foraggia abbondantemente scuole private e paritarie con denaro pubblico. Quindi non è che i soldi per l’istruzione manchino, è che si decide di penalizzare la scuola pubblica di proposito.
La bandiera della libertà di scelta per le famiglie, se non si garantisce neppure la comparabilità degli elementi di base del servizio, come disponibilità del personale, di strutture sicure, dignitose e adeguate ad una proposta formativa completa, orari abbastanza estesi da coprire almeno le necessità fondamentali del lavoro dei genitori, è una mistificazione fuorviante per nascondere un favore ai soliti gruppi di potere. Mascherato da una terza menzogna, cioè quella che alla maggioranza delle famiglie stia a cuore la qualità dell’istruzione. Purtroppo quel che vedo io è che a molti genitori sta a cuore che ci sia un posto in cui lasciare gratuitamente i figli 40 ore alla settimana, cosa succeda in quelle ore non conta. E allora temo che anche le proteste sacrosante per il mantenimento del tempo pieno e degli organici degli insegnanti si interromperanno prima di affrontare il nodo, per me cruciale, della qualità dell’istruzione, del fatto che un turbinio di insegnanti nelle classi per coprire le 40 ore non permetterà di svolgere il tempo pieno con la stessa valenza formativa di quello che abbiamo conosciuto.

E non si pensi che io sia contrario per principio alla scuola privata. Difendo e preferisco nettamente il pubblico, ho frequentato e ho scelto per i miei figli la scuola pubblica, e voglio che il diritto ad un’istruzione di qualità sia garantito a tutti. Ho frequentato un’università privata, e ne sono stato soddisfatto. Solo che è giusto che l’istruzione privata dei figli sia pagata con i soldi privati delle famiglie, magari con qualche vantaggio fiscale, non certo con denaro pubblico.

Due giorni fa, seccato dopo l’ennesimo avviso che Milano Ristorazione (la società del Comune che gestisce le mense scolastiche e altre attività affini) garantiva solo un “pasto d’emergenza”, dopo che i suoi dipendenti devono avere fatto almeno un’agitazione sindacale al mese costringendo le famiglie a dotare i figli di pranzo al sacco, ho dato un’occhiata al bilancio 2008 della società – il più recente disponibile sul sito web. Deformazione professionale, lo so. E ho scoperto una cosa interessante. Riporto testualmente:

Secondo ANGEM, l’Associazione delle Imprese del Settore, nel 2008 l’aggiudicazione delle gare al massimo ribasso ovvero secondo il metodo dell’offerta economicamente più conveniente, ma in cui il prezzo continua ad avere un peso più che rilevante; il mancato adeguamento dei prezzi all’inflazione dei prodotti alimentari; la richiesta di sempre maggiori investimenti per strutture e servizi da parte dei Comuni e il ritardo nei pagamenti, hanno costituito l’occasione per l’esclusione delle imprese sane e per l’ingresso di imprese che pur di mantenere i loro margini di guadagno non esitano a mettere in pericolo la salute dei propri commensali. Naturalmente questo riguarda il mercato della ristorazione scolastica affidata a privati. Per Milano Ristorazione la situazione è profondamente differente. La scelta di gestire direttamente il servizio attraverso una società controllata dal Comune ha posto il servizio di ristorazione al di fuori di logiche di mercato. Naturalmente l’aumento dei prodotti delle materie prime, dell’energia e del lavoro esistono anche per Milano Ristorazione e i loro effetti si sono manifestati, nel Bilancio 2008, ma le tariffe praticate alle famiglie sono rimaste costanti per anni.

Vorrei ricordare che Milano Ristorazione è controllata interamente dal Comune di Milano, il cui Sindaco, anni fa, in veste di Ministro dell’Istruzione, ha avviato con la sua maggioranza un processo culturale in netto favore della scuola privata rispetto alla scuola pubblica. La stessa persona e la stessa maggioranza politica, però, ritengono che la gestione pubblica del servizio delle mense sia la migliore tutela della qualità del servizio e permetta, dati alla mano (stesso bilancio, non li riporto per brevità), di offrire il prezzo migliore nelle città del Centro-Nord Italia.

E qui mi sorge il dubbio atroce. Per quanto possa essere complicato cucinare e distribuire pasti alle scuole di Milano, non sarà comunque più semplice che gestire l’istruzione, che non è fatta solo di nozioni, ma di un intreccio di esperienze, anche umane, diverse?
Perché dovremmo credere che, per fare bene un lavoro estremamente più complesso, favorire il privato e indebolire gravemente il servizio pubblico porterà ad un risultato positivo?
Forse si pensa che gli insegnanti e il “prodotto-scuola”, poiché per merce lo si vuole spacciare, costino meno di cibo ed energia? Forse la logica del profitto non porterà a minimizzare i costi e la qualità del servizio e ad aumentare i prezzi semplicemente perché la scuola privata potrà offrire un supporto, anche logistico, che il pubblico non potrà più garantire?
Soprattutto: che cosa devo pensare se a dirmi questo non è il sindaco di una roccaforte rossa, ma una società controllata dal Comune di Milano, città che continua a fare dell’efficienza e delle sue eccellenze del privato un vanto?

Non so per voi, per me qualcosa non quadra… O possiamo privatizzare serenamente la refezione scolastica dei bambini milanesi o, forse, l’intera struttura della sedicente riforma della scuola andrebbe rivista, prima che la sua mannaia si abbatta provocando danni irreparabili.

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Online dal 10 aprile 2009