sabato 9 maggio 2009

Nascite

A pranzo con due colleghi, ieri, si commentava l’esperienza della nascita dei rispettivi figli. Anche Desian ne ha scritto qualche tempo fa.

La gioia unica e grandissima, per ognuno diversa, è forse indescrivibile a parole.

Assistere ai parti di Si bemolle è stata un’esperienza intensissima, che ricorderò sempre e, se possibile, mi ha unito ancora di più a lei.
Il mio coinvolgimento durante i mesi della gravidanza, quando mi raccontava o mi faceva sentire i movimenti dei bambini nel pancione, ha trovato il suo culmine nella partecipazione, passiva, alla fatica del travaglio.
Mi ha permesso di condividere anche i momenti cruciali di cui solo una madre conosce il peso e la tensione, fino all’istante in cui ha donato un’esistenza autonoma ai nostri bambini.

Al di là delle emozioni, mi rendo conto che ciò che più ha segnato la mia memoria non sono i gesti o gli odori, ma la luce, i colori e qualche suono.

La sala parto di un noto ospedale milanese, divenuta in cinque anni un luogo familiare, l’ho vista, o meglio, vissuta, in condizioni diverse: una buia e trafficata notte di luglio, un silenzioso e luminoso pomeriggio di gennaio, un affollato e rumoroso pomeriggio di giugno. Contesti diversi per un miracolo identico e sempre nuovo: la vita di Re, Sol e Mi.

Si bemolle ed io siamo stati fortunati ad avere persone affidabili accanto. Presenze importanti, che a distanza di tempo ricordo distintamente, ma come parte dello sfondo.

Anche la presenza dei nostri familiari alla nascita dei bambini è stata diversa per ognuno dei tre. Niente schemi, nessun obbligo.

Gli amici cari e i parenti sono venuti a trovarci in camera nei giorni seguenti le nascite, ma la nostra scelta di non avvisare nessuno dell’ingresso in ospedale ci ha consentito una certa tranquillità dopo il parto, almeno dal punto di vista delle visite.

E sono felice che sia andata così, che diventare papà, una delle cose più pubbliche che esistano, sia stato innanzitutto una questione privata, intima, non un fatto sociale e d’immagine.

Il primo vero incontro con i miei figli.
Dopo tutto, sono loro ad avermi reso padre.
Io mi sono limitato ad accogliere l’invito e a ricambiare dedicando loro la mia vita.

Ancora oggi trovo stupefacente che la più grande delle responsabilità che un uomo possa assumersi divenga un fatto tanto naturale.
I tanti timori che suscita la decisione consapevole di aprirsi alla paternità si sciolgono nel gesto del primo abbraccio, al primo sguardo, al primo vagito.

A pensarci bene, non credo di essermi mai sentito tanto libero come quando ho preso in braccio i miei bambini per la prima volta, stando vicino a mia moglie.

Forse non lo sarò più.

6 commenti:

  1. Ecco a cosa penso quando penso la figura paterna come matura, responsabile, consapevole: esattamente quello che hai scritto tu, senza fronzoli. Con un impatto che è quello di un maglio. Con la certezza dei sentimenti, senza mielosità, senza retorica. Grazie davvero per la testimonianza. Che accomuna e rispecchia.
    E grazie anche per la citazione...

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  2. Desian, la citazione era dovuta. Il tuo "paradosso emozionale" ha lavorato sottotraccia e, quando mi è capitato di parlare e riflettere sull'argomento, mi sono ricordato dell'ispirazione che veniva dal tuo post. Ciao e grazie.

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  3. Che bello sentire la voce di un papà! Grazie.

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  4. Laura, grazie a te. Passerò a visitare presto il tuo blog. Ciao.

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  5. Caro Impromptu, mi sono permessa di linkare questo tuo post e quello di Desian a uno appena pubblicato a proposito del mio Manuale per il neopadre.

    Se ti secca, famelo sapere e cambio.

    Ciao,
    Barbara

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  6. Mammamsterdam, sono già passato a trovarti. Grazie del link.

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Online dal 10 aprile 2009