domenica 23 maggio 2010

Socialmente accettabile

Crisi e pericoli mettono i politici nella condizione di poter assumere decisioni drastiche anche estremamente impopolari, che diventano socialmente accettabili, perché la gravità delle conseguenze nel caso in cui tali misure non venissero applicate è facilmente comprensibile.

Di solito, i provvedimenti presi in queste circostanze hanno due caratteristiche: sono semplici da capire nella loro essenza e nella loro finalità e contengono un elemento, almeno apparente, di giustizia o buon senso.

Superare positivamente una crisi può aumentare il livello di coesione sociale, favorendo la condivisione di valori su cui fondare una ripresa e fornendo l’occasione per sbarazzarsi delle eredità negative del passato. Bisogna, però, essere disposti ad affrontare sacrifici per la costruzione di un bene comune, che nel breve termine può non coincidere con gli interessi personali, ma da cui in futuro anche gli interessi personali potranno trarre giovamento.

Una delle ragioni non tecniche per cui, pur riconoscendone alcuni importanti meriti, sono dubbioso sulle effettive possibilità di riuscita della manovra economica di salvataggio europea delle ultime settimane, è proprio il fatto che, nella cultura moderna, il valore e, a volte, la necessità del sacrificio non sono più riconosciuti. La stessa parola sacrificio è stata depennata dai vocabolari di molti. Non vorrei proprio che tornasse prepotentemente d’attualità e che la maggior parte di noi fosse costretta a sperimentarne la durezza.

Qui nascono i miei timori: la diffusione di certe idee e comportamenti considerati normali potrà un giorno ritorcersi come un boomerang contro di noi?
Genitori che vogliono vivere come quando non avevano figli, e conducono esistenze quasi separate da loro, per non dover rinunciare mai a nulla, quale autorevolezza potranno avere nel momento in cui dovranno provare ad imporre ai figli qualche restrizione non gradita?
Aziende guidate in modo confuso e non sempre trasparente possono davvero meravigliarsi se molti dei loro dipendenti sono demotivati dalla navigazione a vista? E quei lavoratori che sfruttano ogni zona d’ombra per ridurre al minimo il proprio impegno senza farlo notare, possono stupirsi se non ottengono riconoscimenti?
Politici che hanno elevato la furbizia ad arte, che in patria tollerano l’opportunismo e la disonestà dei cittadini in cambio dei loro voti, e che dall’Europa cercano di spremere tutti i vantaggi per il proprio Paese a scapito della realizzazione di una entità unita, efficiente nei suoi processi decisionali, efficace nei risultati delle sue azioni, come possono pensare di godere di una solida credibilità internazionale?

Con queste premesse dal basso, non è difficile spiegarsi il recente indebolimento dell’euro rispetto al dollaro, né immaginare che un’Europa unita e potente sul piano politico ed economico sarà un risultato raggiungibile solo fra anni di lavoro intenso e pianificazione accurata.

Non so se ciò che oggi è considerato socialmente accettabile, o addirittura un valore da difendere, lo sarà anche domani.
Penso però che un futuro collettivamente sostenibile abbia bisogno di maggiori spazi di libertà autentica, da colmare responsabilmente con molti più valori, ben distanti dalla frenetica ricerca di esperienze e beni da consumare “io, qui ed ora”, con poca fatica.

Ci siamo riempiti la vita di bisogni inesistenti, indotti da altri, che hanno fatto aumentare i prezzi di qualunque cosa, rendendo sempre più ampie le divisioni fra chi può soddisfare anche i suoi capricci e chi stenta a vivere una vita dignitosa, svuotando quasi tutto di valore e significato.

Internet è preziosa perché permette una rapida ed estesa circolazione di idee, per chi vuole dialogare e, attraverso un confronto onesto e aperto, provare ad affrontare le sfide, piccole e grandi, delle nostre vite, a superare dubbi e problemi. Ma rischia anche di diventare un circolo vizioso, che amplifica i messaggi negativi, gli egoismi e le debolezze condivisi, rendendoli socialmente accettabili, permettendo di metabolizzarli velocemente, senza provare quel disagio che è preliminare al desiderio di cambiare in meglio.

Dobbiamo stare attenti. Il socialmente accettabile di oggi è veramente ciò che vogliamo dare ai nostri figli? Perché mi pare proprio che, come società, glielo stiamo somministrando in dosi massicce.

4 commenti:

  1. La tua domanda finale è quella che io e mio marito ci poniamo ogni giorno. Quale "mondo" vogliamo trasmettere ai nostri figli? Bambini che hanno tutto e ancora di più, che non hanno neanche possibilità di desiderare qualcosa, dato che ancora prima di formulare un desiderio la nonna glielo ha già comprato...
    Ma non potrà, non può, essere così per sempre. E dunque la parola d'ordine in famiglia è sobrietà, che prima di essere fisica è soprattutto mentale: ho veramente bisogno dell'ennesimo paio di scarpe? tra due prodotti equivalenti ma di cui uno di "marca", quale scelgo? Mi lascio attrarre dalla pubblicità o vado a guardare l'etichetta dei componenti?
    Non è semplice districarsi, disintossicarsi, ma io, che per natura sono eternamente ottimista, credo che ce la si possa fare. Con fatica e costanza, ma dobbiamo credere in un futuro migliore per i nostri figli!
    Un abbraccio
    Angela

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  2. Angela: più che altro, visto che non è affatto detto, purtroppo, che il loro futuro possa essere migliore del nostro dal punto di vista materiale, possiamo almeno provare a renderli persone migliori della generazione che li ha messi al mondo e a convincerli che non è ciò che hanno il metro di giudizio da applicare. Hai proprio ragione. E mi fa molto piacere che l'abbraccio ce lo siamo scambiati davvero! Ciao.

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  3. E' giusto porsi delle domande, perchè il punto è che, prima ancora dei nostri figli, dobbiamo lavorare su di noi. Sulla nostra percezione del socialmente accettabile e sulle cose che riteniamo veramente importanti nella nostra vita. Quando ho smesso di lavorare per fare la mamma mi sentivo una fallita, i primi tempi. Poi ho cominciato a vedere i numerosi vantaggi della mia nuova condizione e ho eliminato tutta una serie di atteggiamenti e oggetti che mi impedivano di vivere la vita come realmente la volevo. Fare a meno di ciò che mi sembrava indispensabile mi ha aiutato a crescere. Dovremmo cercare noi genitori di pensare ogni tanto che cosa potremmo essere senza le nostre cose e le nostre abitudine. Cosa che può anche renderci più liberi.

    P.S.: sono contenta di averti conosciuto, penso sempre di più che fai i discorsi di mio marito. Ciao, spilungone!

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  4. M di MS: ogni tanto i cambiamenti, anche imposti, ci aiutano a vedere le cose da nuove prospettive, e ciò che sembrava un vincolo ci può invece liberare. Anche me ha fatto molto piacere conoscerti. A presto.

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Online dal 10 aprile 2009