domenica 21 marzo 2010

Genitori infrangibili e persone liquide

“La gente è il più grande spettacolo del mondo. E non bisogna neanche pagare il biglietto”, diceva Bukowski. Non sono d’accordo sul fatto che sia gratis, ma la parte sullo spettacolo è senz’altro vera.

A questo proposito, in questi quasi otto anni di paternità, una tipologia che ho incontrato spesso è quella dei genitori infrangibili.

Il genitore infrangibile ricorda una palla di gomma già sgonfia, che continua a sgonfiarsi lentamente a mano a mano che i figli crescono. Rimbalza poco, non si lascia scalfire da nulla e più si sgonfia, più riesce ad incastrarsi in spazi stretti e di forma strana, da cui poi è difficile estrarla. Ovviamente è un oggetto di scarsa utilità, che però ai bambini piace.

Un argomento classico del genitore infrangibile è che un uomo o una donna realizzati siano genitori migliori, che non bisogna sacrificarsi o rinunciare a nulla per i figli, altrimenti questi ultimi si sentirebbero di peso. Quindi, questi genitori a tutto tondo hanno un comportamento binario: o si portano appresso i figli ovunque, sempre, dall’aperitivo al concerto sinfonico, anche in occasioni e circostanze in cui i bambini non possono oggettivamente trovarsi a loro agio, esibendoli come un vessillo, oppure li lasciano soli anche quando avrebbero del tempo per loro, per non rinunciare alle proprie passioni.

In ogni caso, come il nome suggerisce, i genitori infrangibili sono sempre serafici e affrontano la vita con nonchalance. Cercano sempre di non imporre regole e di non dire mai di no ai propri figli, se non assolutamente costretti. Tipicamente, ad esempio, li si trova seduti al ristorante a chiacchierare amenamente con gli amici mentre i loro figli corrono in mezzo ai tavoli della sala disturbando pranzi e cene altrui. Oppure sdraiati sul lettino in spiaggia mentre i figli piccoli si installano, a loro insaputa, sotto un ombrellone di sconosciuti, a decine e decine di metri di distanza, per portarsi via i giochi di altri bambini, i cui genitori sono di solito bollati come intolleranti.

Ma i genitori infrangibili sono un sottoinsieme di un’altra popolosa categoria, che contribuiscono a perpetuare: le persone liquide. Sfruttando l’horror vacui della natura, le persone liquide si incuneano in ogni vuoto, riempiendolo, bagnando tutto, ma, come l’olio e l’acqua, senza mescolarsi davvero.

Le persone liquide cercano di essere amiche di tutti, di solito non prendono posizioni nette, sono maestre nel dare ragione a chiunque, anche a chi si trovi nel torto più marcio, non sanno dire mai di no, sono pronte a partecipare a qualunque iniziativa.

E in effetti, il mondo è la loro ostrica. A qualsiasi opinione si adattano e ad ogni causa si prestano, sempre senza impegno: spaziano con disinvoltura dal boicottaggio delle multinazionali ai raduni d’auto d’epoca, dalle manifestazioni per i diritti civili alla sagra del tortellino. Sempre circondati da amici in ogni occasione, sempre con famiglia al seguito, le persone liquide sono capaci di trasformare tutto in socialità. Affabili e spesso argute, le persone liquide hanno capito tutto della vita e, quando l’onda del loro passaggio si ritrae, lasciano gli uomini e le donne meno poliedrici di loro in secca a ripulire i detriti.

Ogni tanto, quando sono stanco e mi fermo, mi guardo intorno e penso di non avere capito nulla di come giri il mondo. Ma intuisco perché succedano le cose che vediamo succedere.

domenica 7 marzo 2010

Di bambini, brutte notizie, canzoni e domande non poste

I miei figli sono molto curiosi, si interessano a tutto e fanno domande su praticamente ogni cosa vedano o sentano. Con qualche utile eccezione. A Si bemolle e a me non piace eludere le loro domande, ma parlare di illegalità, violenza, disgrazie in modo equilibrato e comprensibile alla loro età non è semplice.

Fortunatamente, negli ultimi giorni, erano distratti da altri pensieri ed occupazioni, così non mi hanno chiesto nulla quando venerdì mi hanno visto portare a casa questo.


O quando hanno sentito alla radio, ai telegiornali e me e Si bemolle parlare di un certo decreto interpretativo (eh sì, anche in politica, ogni tanto, qualche bella novità ci vuole).

Va da sé che, ieri e oggi, ho provato un certo imbarazzo nel richiamarli al rispetto delle regole dei giochi che abbiamo fatto insieme.

Nel frattempo, prosegue il riversamento delle nostre cassette di musica italiana su CD, così mi sono imbattuto in due canzoni ormai vecchie, che, ahimè, si sono rivelate profetiche: Bambini venite parvulos di De Gregori e Asilo "Republic" di Vasco. Chissà se i loro autori aspiravano a tanto quando le hanno composte.
Buon ascolto, a chi vuole.

martedì 2 marzo 2010

Il pollaio

Leggo sul Corriere un’intervista al nostro più celebre conduttore di talk show-giornalista-scrittore-modellista di plastici, in cui egli critica l'applicazione del regolamento sulla par condicio e sostiene di preferire “il pollaio” al silenzio.

Ora, il livello e la regolamentazione della nostra informazione, soprattutto quella politica, sono penosamente scadenti, e la censura è odiosa.

Ma siamo proprio sicuri che il pollaio sia meglio?

È il pollaio che legittima una situazione in cui esce vincente chi urla più forte, chi rompe di più le scatole, chi è più prepotente.

È il pollaio che, per definizione, omologa tutte le idee in un rumore confuso e assordante fino a non prenderne in considerazione nessuna con attenzione, tranne quelle tenute sotto silenzio da chi si mantiene accuratamente al di fuori del pollaio, per metterle in pratica silenziosamente e senza farsi notare troppo.

È il pollaio che riduce il cittadino ad un ruolo passivo di ascoltatore o pseudoattivo di televotante (a pagamento), provando a concedergli una illusoria libertà di pensiero solo lungo un binario tracciato meccanicamente da altri.

È il pollaio che riduce gli uomini a polli e le donne a galline, soggetti che si differenziano e si raggruppano attraverso criteri estetici (naturali contro rifatti, sciatti contro firmatissimi), voluttuari (amanti dello sci contro golfisti, amanti del trekking contro velisti) o sociali (ricchi contro poveri, portatori di interessi contro chi non ha nessun interesse da difendere), incapaci di parlarsi, ascoltarsi, guardarsi al di là delle ovvie e apparenti differenze di genere.

È il pollaio che crea un ambiente in cui sia impossibile concentrarsi su qualcosa, in cui le energie vengono dissipate in un caos maleodorante e inconcludente.

È nel pollaio che i volatili si scontrano per mangiare un po’ di becchime, e, così indaffarati, non sanno se e come il fattore si occupi della fattoria. E noi ci ritroviamo una classe politica che ormai non è più nemmeno in grado di presentare delle liste elettorali ammissibili.

È l’agitazione sterile che, ogni giorno, consente a qualcuno di entrare nel pollaio e portarsi via tutte le uova.

Stiamo attenti, perché quando di uova se ne faranno meno, qualcuno lascerà entrare nel pollaio una faina...

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Online dal 10 aprile 2009