L’altra sera in televisione ho ascoltato i quattro candidati alle primarie di centrosinistra per scegliere il candidato sindaco di Milano.
Ho sentito parlare poco di un programma concreto per affrontare le tante questioni aperte dai problemi, anche gravi, che affliggono la mia città: scuola, qualità della vita, mobilità, lavoro, casa, inquinamento, a partire dal basso (l’unico sistema che funziona).
Non che sia favorevole alla retorica del fare. Senza progetti strutturati, che innestino le azioni su valori umani e civili solidi e condivisi, non va bene. La cosa strana è che, di fronte all’esperienza di centrodestra di questi anni, il centrosinistra si presenti con quattro candidati-immagine di forte presenza scenica, e questo a qualcuno sembra già un successo, ma le strutture alle spalle di alcuni di loro sono quelle di sempre. Come dire, cambia l’ordine dei fattori, ma non necessariamente il risultato. C’è un documento programmatico, ma mi sembra manchi ancora un manifesto di valori su cui tutto il centrosinistra possa convergere ed entro cui ognuno dei quattro possa differenziarsi in modo non conflittuale, enfatizzando le sue proposte specifiche.
Non sorprendentemente, forse, l’unico candidato con un’idea credibile di lungo termine, cioè quella di formare attivamente una classe politica di giovani, è quello più anziano, che ha anche un curriculum “civico” di tutto rispetto.
E per le primarie, che servono a scegliere i candidati di partiti che ricevono vagonate di finanziamenti con denaro pubblico, a sfregio di un referendum che lo voleva abolito, e che potrebbero essere tranquillamente autofinanziate dai nostri parlamentari, ci chiedono pure di pagare due euro. Non è per la cifra, è il principio. Mille volte meglio, per me, mandare un sms per aiutare gli alluvionati del Veneto. Aver saputo che in molte sedi di voto ci saranno cartelli che invitano a mandare gli sms di solidarietà al Veneto, mi suona quasi come una presa in giro: ma perché non possono fare il bel gesto di dire: invece di darli a noi, i due euro usateli per quello scopo?
In ogni caso, la forza della politica è che ci siano ancora tante persone che parlano di queste situazioni come “del proprio partito”.
Io sono sempre stato non-partisan, ma con idee politiche ben precise, e non sono mai riuscito a riconoscermi in alcun partito italiano. La voglia di impegnarmi e l’interesse per la realtà del mio Paese, però, non sono mai diminuiti, anzi. Perché forse la politica è, o dovrebbe essere, un’altra cosa rispetto a quello che vediamo, e ci devono essere modi per farlo capire migliori dell’astensionismo, che non condivido. C’è la necessità che qualcuno dalla società civile si metta al lavoro in politica, ma solo per un tempo limitato, prima di essere fagocitato e soprattutto digerito dal meccanismo, perciò reso innocuo come agente di cambiamento. E bisogna trovare anche persone che rimangano fuori, attente a quel che succede, a dare idee, a raccontare le cose come stanno, a farci tenere gli occhi fissi sugli obiettivi. Anzi, forse servono soprattutto queste.
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