domenica 2 maggio 2010

Crisi e morale della favola

“La favola insegna che”: queste parole, familiari a tutti gli ex studenti del ginnasio che, Rocci alla mano, hanno tradotto Esopo dal greco, introducono il finale, la famosa morale della favola.

In questi giorni, il bombardamento di notizie sulla crisi greca, sull’abbassamento dei rating di Portogallo e Spagna, sui timori per l’Italia, il resto d’Europa e l’Euro, è stato intenso, e la quantità di cattiva ed errata informazione tanto grande da indurmi a scrivere un commento sul tema, visto che economia e finanza sono il mio pane quotidiano.

Chi non ricorda la fiaba del Pifferaio di Hamelin, che libera la città dall’invasione dei ratti, conducendoli a gettarsi nelle gelide acque di un fiume al suono del suo flauto? Il finale della storia viene ricordato meno spesso: quando il borgomastro e gli abitanti di Hamelin decidono di non onorare il loro impegno a pagare il pifferaio, questi si mette a suonare e si porta via tutti i bambini della città.
Trascuriamo per un attimo il fatto che il pifferaio, per vendicarsi, desideri togliere agli abitanti ciò che hanno di più caro. Che cosa resta? Che Hamelin, senza i bambini, viene privata del suo futuro.

Lo stesso futuro che oggi si toglie ad una Grecia che dovrà in qualunque caso intraprendere un cammino di disciplina fiscale tremendo e, credo, assai più lungo dei due o tre anni di cui si parla, senza certezza di mantenere la sua finanza pubblica in condizioni di sostenere il debito. Lo ribadisco: Portogallo, Spagna, forse Irlanda e  Italia, potranno attuare misure dolorose. Quelle greche dovranno essere tremende. L’onere politico sarà difficilmente sostenibile e la coesione sociale a rischio.

Per questo, quando sento politici disonesti e incompetenti e giornalisti e commentatori che, come spesso accade, non hanno idea di che cosa scrivano o dicano, accusare banche, grandi investitori e speculatori di questa crisi, mi irrito moltissimo.
Capisco che un capro espiatorio faccia sempre comodo. Capisco che negli ultimi anni siano emersi comportamenti disonesti da parte di attori di primo piano della finanza mondiale, che hanno portato ad eccessi pericolosi dalle gravissime conseguenze e che, giustamente, vanno perseguiti e sanzionati severamente. Le agenzie di rating stanno dimostrando inutilità e conflitti di interesse, e si stanno meritando una cattiva reputazione. Ma con il caso della Grecia, la finanza creativa non c’entra proprio nulla. I politici devono prendersela con se stessi (e magari con chi ha pubblicato bilanci dello stato falsi). E così i giornalisti che non hanno denunciato la cattiva condotta dei potenti di turno.

Gli investitori, che già svolgono un lavoro abbastanza complicato, non devono farsi carico anche di gestire crisi politiche e tensioni sociali. Per loro, comprare obbligazioni tedesche e vendere quelle greche è semplicemente fare bene il proprio lavoro, nell’interesse dei risparmiatori loro clienti, che devono tutelare.
La speculazione fine a se stessa, che quasi mai trovo giustificabile, in questo caso, ha un ruolo secondario e può avere solo accelerato il processo di disvelamento di una realtà sgradevole ma già esistente, che invece i politici hanno avuto tutto l’interesse a celare, provando a rifilare la patata bollente alle generazioni future.
Mutuando l’immagine di un’altra celebre fiaba, I vestiti nuovi dell’imperatore, credo che nessuno si sognerebbe di accusare il bambino che grida che l’imperatore è nudo di aver provocato una destabilizzante crisi istituzionale. O di accusare i turisti che disertino in massa una località di villeggiatura, che col tempo diventa inospitale e mal tenuta, di mandarne in recessione l’economia.

Pensiamoci, prima di permettere a qualcuno di ipotecare il futuro di un intero Paese generando problemi su problemi, di allettare pifferai magici con false promesse (che nuovi debiti coprano i vecchi debiti) sperando che risolvano i guai, e di andarsene tranquillo senza rispondere del male fatto e scaricando le responsabilità sugli altri.
Perché la storia del pifferaio magico appartiene alla tradizione popolare tedesca, e solo in un paio di versioni c’è un lieto fine con il ritorno dei bambini a Hamelin.

3 commenti:

  1. Premetto che di finanza non capisco nulla e mi sono fatta spiegare da mio marito cosa volevi dire... ehm ehm... siamo assolutamente d'accordo con te e siamo sempre lì, la miseriaccia! È mai possibile che non si riesca mai a conoscere la verità (o almeno qualcosa che ci si avvicini) e invece dobbiamo sempre subire ingerenze e ignoranza? Ma tu scrivi, raccontaci la favola vera, rendici edotti!

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  2. E' da mesi che penso che la differenza tra Italia e Grecia consista nel fatto chw noi siamo più bravi a truccare i numeri ;)

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  3. Angela: ciao. Mamma mia che responsabilità ho, adesso! Il problema è complesso e difficile da risolvere (se ci si riuscirà). Ora abbiamo il piano di prestiti internazionali, il piano greco di riduzione della spesa e vedremo se si potrà attuare contenendo le proteste. Temo che, tamponata l'emergenza dei prossimi 12 mesi, il debito greco potrà essere rimborsato su tempi più lunghi di quelli inizialmente previsti. Insomma, una ristrutturazione. Anche perché le misure di tagli alla spesa probabilmente avranno un impatto negativo sull'economia greca, rendendo il percorso ancora più difficile. Non so se sia la favola vera, ma mi pare un po' peggiore di quella che ci viene raccontata.

    M di MS: dici? La Grecia detiene lo sgradevole primato dell'economia sommersa, dell'evasione fiscale e, credo, anche della corruzione in Europa. Da anni. Il sospetto che i conti fossero truccati, forse, sarebbe potuto venire anche prima (la tanto vituperata finanza aveva cominciato da mesi a segnalare problemi). E poi magari li truccano un po' tutti i paesi. In Italia si sente meno la necessità di nascondere corruzione, evasione, sommerso, almeno internamente. E i nostri conti sono stati esaminati meglio anni or sono. A presto

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Online dal 10 aprile 2009