Oggi, alla Games Week per accompagnare Si bemolle a un
impegno per il progetto a cui sta lavorando e fare il papà permettendo ai
bambini di provare il Wonderbook e gli altri videogiochi senza che si
perdessero nella bolgia di giovani (e tanti adulti) che affollava la Fiera, mi
sono fatto vari giri per i diversi stand.
Playstation, Nintendo, Xbox, avventure di fantasia, giochi
di movimento, di strategia e di ruolo: tante attrazioni irresistibili per
bambini fra i 7 e i 10 anni, i miei Re e Sol più due amichetti. Già troppo grandi
per avere uno spazio riservato, come Mi, ma ancora troppo piccoli per provare
molti giochi, come i simulatori di guida più belli.
E poi uno dei traguardi più ambiti… il calcio con Fifa 13.
Dopo una lunga, ma veramente lunga attesa, Re e il suo amico T. hanno finalmente
impugnato i telecomandi, in mezzo a adolescenti e giovani sbuffanti per dover
concedere 15 minuti di gioco a due piccoletti.
L’amore per il calcio non era l’unico elemento di attrazione
per i più grandi.
La presenza di due avvenenti standiste che, abbigliate solo
dell’intimo, si sono sottoposte a un body painting della maglia dell’Inter e di
una maglia tutta rossa, che poi è diventata quella del Milan, non è passata
inosservata. Infatti due folti gruppi di giovani in piena tempesta ormonale si
sono accodati per farsi scattare foto in quella dolce compagnia da esibire ai
compagni di scuola (e per qualcuno ai colleghi di lavoro).
Ora, provate a mettervi nei panni di un trentanovenne che ha
passato la giornata a seguire tre bambini, in costante tensione per non perderne
nessuno nella folla ed esposto per ore a un tunz-tunz incessante di musica
sparata a volume così alto da far vibrare i pavimenti degli stand. Appena i
bambini si sono seduti a giocare, mi sono fermato, sui due piedi, alle spalle
del loro schermo, con il flusso di giovani che mi scivolava a destra e a
sinistra.
A un certo punto, mi si accosta un giovane: statura
medio-alta, barba incolta, un po’ di pancia, piercing. Esita un momento e mi
dice: “Scusi, sa… si dovrebbe decidere: o fa la fila per la ragazza a sinistra
o per quella di destra!”
Rintronato dal rumore e incredulo per essere stato preso per
un vecchio allupato, credo di averlo guardato esprimendo un appena percettibile
fastidio e, nonostante la mia mente sia stata fulmineamente attraversata da
pensieri del tipo “ma renditi conto…”, la risposta che gli ho dato è stata un
sarcastico “veramente sono qui per loro
due”, indicandogli i bambini seduti sul divanetto a giocare.
Ovviamente il giovanotto non ha colto la sottilissima ironia
del mio tono e si è limitato a un sollevato: “ah, be’, allora posso passare io,
grazie”.